Ogni cocktail ha un suo perché: profumi, gusti e colori sono il risultato di particolari combinazioni di ingredienti, tra loro uniti in modo unico, basti pensare che è sufficiente miscelare anziché shakerare per dare al drink un gusto profondamente diverso. Nonostante queste particolari varianti in gioco, è possibile seguire dei criteri che ci potranno aiutare nella classificazione e nella scelta del cocktail.
Una prima classificazione dei cocktail può essere fatta in funzione della capacità in termini di contenuto alcolico.
Avremo così i Long Drink, con una capacità che va da 13 a 20 cl con parte analcolica che prevale su quella alcolica, i Medium Drink, da 10 a 13 cl e parte alcolica prevalente su quella analcolica, e infine gli Short Drink, con una capacità fino a 7 cl e spesso caratterizzati dalla presenza della sola parte alcolica.
Un’altra metodologia per classificare i cocktail è rispondente alle fasce orarie in cui viene consumato.
Avremo quindi i Pre Dinner, ovvero drink adatti a stimolare l’appetito, tipici dunque da aperitivo: cocktail secchi o effervescenti con retrogusto amaro, la cui gradazione alcolica può comunque variare sensibilemente in funzione dell’impiego di distillati o spumanti per la loro preparazione.
Gli After Dinner hanno spesso funzione digestiva: bevande concepite come finale morido di un pasto o comunque come drink serale. Generalmente sono a base di distillati invecchiati, uniti a liquori o creme, panna o caffé.
Gli Anytime sono invece dei long drink dissetanti che ben si adattano ad essere bevuti ad ogni ora, solitamente a basso contenuto alcolico, che ben si prestano ad essere decorati in maniera fantasiosa, con frutta o altro.
Un altro criterio in base al quale possiamo classificare i cocktail è rappresentato dalla metodologia di preparazione o di presentazione.
Ad esempio avremo gli Sparkling, a base di spumante o champagne, o i Dark Drink, a base di caffé.
In base al criterio più correlato alla presentazione del cocktail, possiamo parlare di Exotic, ovvero i cocktail preparati direttamente nel frutto o di Crusta, cocktail serviti con il bordo del bicchiere brinato.
Per rimanere più fedeli ad una classificazione dei cocktail in funzione della loro preparazione, possiamo parlare di Shake & Strain nel caso di drink preparati nello shaker e filtrati nel bicchiere, di Mix & Pour per i preparati nel mixing glass e poi versati nel bicchiere con ghiaccio, o di Stir & Strain nel caso di cocktail preparati anch’essi nel mixing glass, stavolta con ghiaccio, e successivamente filtrati nel bicchiere raffreddato. I Frozen sono invece quei cocktail preparati con il blender, dove vengono frullati con ghiaccio e successivamente versati nel bicchiere.
Altre classificazioni dei cocktail possono essere fatte in funzione della temperatura e della loro struttura.
Nonostante i cocktail siano di norma serviti freddi, esistono comunque gli Hot Drink che invece devono essere serviti caldi, come i Grog o i Punch.
La classificazione in funzione della struttura è forse quella più comune: spesso ci viene proposta dal barman quando gli chiediamo il classico “aperitivo della casa”; in base agli ingredienti e alla quantità di zuccheri avremo infatti cocktail molto secchi, secchi, morbidi o dolci.
Spero possa esservi di aiuto!!
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!